Il film "Cube", il cubo, è uno dei film da cui è stata tratta l'idea da cui sono nate le Escape Room contemporanee e per questo è possibile comprendere perchè sia una di quelle pellicole claustrofobiche che in qualche modo riescono a chiudere lo spettatore in una sorta di gabbia immaginaria finché il film non finisce.
Titolo originale: Cube
Titolo in Italia: Il cubo
Data di uscita: 1997
Regista: Vincenzo Natali
Genere: Thriller
Attori: Nicole de Boer, Nicky Guadagni, David Hewlett, Andrew Miller, Julian Richings
È curioso come il regista riesca a far desiderare a chi lo guarda che finisca prima possibile. Non è per disprezzo o perché non sia fatto "bene", ma perché il senso di chiusura, di imprigionamento e la sensazione di non avere via di scampo, come i protagonisti, è palpabile.
Non si può negare la genialità del soggetto e anche della narrazione che, inizialmente, fa pensare seriamente che i protagonisti non abbiano scampo. Lentamente però si capisce che si tratta di un grande cubo, fatto a sua volta di cubi che rappresentano delle stanze. Le stesse stanze però non sono mai ferme e si spostano, come se una mano gigante stesse giocando con il famoso "cubo di Rubrik", cercando di trovare la soluzione, ma impedendo così la salvezza ai protagonisti.
La storia si base su un gruppo di 5 persone, uomini e donne, che non hanno idea di come si siano ritrovati in una situazione del genere.
Il primo impatto con il film non può che suscitare angoscia, considerando sia la situazione paradossale e incredibile, ma anche il problema che inevitabilmente coinvolge lo spettatore, su come uscire da quel cubo.
Cube ha evidentemente un impronta kafkiana, con punte di drammaticità elevatissime, soprattutto dal punto di vista psicologico che porta i protagonisti ad avere delle crisi di identità e a chiedersi se non si tratti di una sorta di punizione per qualcosa che hanno fatto.
Il passaggio, infatti, da un cubo all'altro è a rischio della vita e man mano che la narrazione avanza, alcuni di loro ineluttabilmente soccombono in modi assurdi e atroci.
L'assurdità si traduce per alcuni di loro nel non riuscire a trovare un motivo per cui la loro vita sia finita in un "non luogo", toccando punte di nichilismo esasperato.
Il problema di riuscire a uscire sembra trovi la soluzione nelle loro peculiari capacità. Ognuno dei malcapitati è costretto, suo malgrado, a concentrarsi e a pensare a una soluzione, pur nella disperazione più assoluta.
Il film conduce inevitabilmente ai grandi interrogativi della vita "Chi siamo?", "dove stiamo andando?", "perché ci succede o meno qualcosa?".
È l'ignoto che governa tutta la narrazione del film e quindi trova terreno fertile nella voglia di saperne di più, di scoprire, di cogliere un'opportunità che vale una vita.
Questo film nella sua estrema originalità è la metafora della vita, e indica a chi lo guarda che il bisogno, la necessità e il non avere scampo, spingono con una forza inaudita ad agire, a cercare la svolta solo per se stessi, ma quella positiva.
Come per la ricerca di una soluzione che faccia aprire la porta di una escape room, messi di fronte alla scelta tra la vita o la morte, i personaggi non hanno paura dell'ignoto, quasi anestetizzati davanti a una così grande impotenza.
Nel corso del film Cube ognuno dei protagonisti in qualche modo si racconta, riuscendo finalmente a vedersi per quello che veramente è, ammettendo errori e promettendo di non commetterne altri se riuscirà a uscire vivo. Un reazione quasi scontata. Nell'ineluttabilità degli eventi qualcuno si rivolge a Dio, pregando perché lo salvi.
Le reazioni individuali a questa situazione paradossale sono contemplate tutte, in soli 5 protagonisti, che come in un appello da roulette russa, una dopo l'altro affrontano la loro prova capitale.
Tra loro c'è addirittura un genio incompreso, apparentemente un personaggio senza spessore, appunto "senza futuro". Non c'è età, professione, astuzia, denaro che non metta tutti sopra lo stesso piano, come in una sorta di giudizio universale.
La carica psicologica del film oscilla costantemente tra disperazione, speranza, ragione, silenzi, sfogo, slancio e caduta in un crescendo di ansia, dove la vita sembra spegnersi a poco a poco, senza che ci sia una causa che possa giustificarlo, come accade per le malattie o gli incidenti.
Inquietante è poi la reazione a ogni personaggio che scompare dalla scena e che fino a quel momento è sembrato svolgere il ruolo di leader del gruppo. Un gruppo ha bisogno di un leader per riuscire nella vita e per realizzare ogni individuo?
Anche in questo caso il quesito non può non essere posto e, una volta perso il punto di riferimento si cerca di crearne un altro, comprendendo che da soli forse non ce la si può fare.
Rimane comunque un punto fermo della narrazione: ognuno dei protagonisti si cala nella sua situazione apparentemente senza via d'uscita ed esegue, quasi come una confessione, un profondo esame di coscienza. Emergono impetuosi i sensi di colpa, i rimorsi e i rimpianti, la voglia di riscatto e quella della rassegnazione per aver fatto del male a qualcuno, e anche consapevolmente.
Tra i protagonisti l'unico che, invece, sembra indenne dalle dinamiche del mondo, intese come contrapposizione del bene e del male o trionfo dell'uno sull'altro, sembra il genio incompreso.
Nonostante sia un genio, proprio il suo essere tagliato fuori dal mondo, lo mette in una posizione, per una volta, di privilegio. Non ha nulla da rimproverarsi, non ha potuto esercitare il male in quanto da sempre "fantasma" in una società che lo rifiuta e non lo capisce.
Cube è un film che invita realmente a riflettere e lo fa scendendo nell'intimo di chi lo guarda, per poi risollevarlo da una pesantezza che lascia comunque uno spiraglio, una luce.
L'aspetto che fa apprezzare maggiormente il film, è che è stato girato con un budget davvero ridotto, per diventare un punto di riferimento del genere horror claustrofobico. Da vedere come film cult.